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ATRI - Città della provincia di Teramo, su una collina (442 m.), a circa 8 km. in linea retta dal mare (ma a 12 km. circa per la duplice strada carrozzabile che scende alla stazione di Atri-Mutignano della litoranea adriatica). La collina è incavata a nord dal Fosso Pacchione, a sud dal Vallone del Gallo (Piomba); ad ovest, una serie di torrentelli che confluiscono nel Piomba hanno inciso nelle formazioni argillose dei tipici calanchi ventagliformi (detti localmente scrimoni).

La città ha qualche notevole industria: molini, pastifici, fabbriche di terrecotte, alimentate dall'abbondanza di buona argilla figulina nelle colline circostanti. Il vastissimo comune, uno dei più grandi di tutto l'Abruzzo (117 kmq.), è intensamente coltivato a vigneti, uliveti, cereali; in Atri si fa perciò largo commercio di vini, olî, granaglie, e inoltre di bestiame, formaggio e uova. Molto frequentate sono le fiere di S. Rita (2 maggio), S. Luigi (21 giugno), quella della Cona, a 4 km. dalla città, il giorno dopo la Pasqua, e quella di S. Reparata, l'ottavo dopo la Pasqua. Atri, con i suoi casali, contava già più di 5000 ab. alla fine del sec. XVI, e oltre 6000 nel 1648 (un po' meno nel 1669).

Alla fine del sec. XVIII, la città, alquanto decaduta, non aveva che 4450 ab., accresciutisi poi rapidamente nel sec. XIX: 9397 ab. nel 1861, 10.600 nel 1881, 13.448 nel 1901. Dal principio del secolo presente si è iniziato un periodo di stasi. Nel 1921 il comune contava 13.517 ab. di cui 3786 nel centro principale, 542 nella frazione di Casoli, 260 in quella di Santa Margherita, 77 in quella di S. Giacomo, e 8852 sparsi nel territorio comunale.

Di recente sono stati aggregati adAtri i comuni di Silvi (4925 ab.) e Mutignano (2061 ab.). Atri è congiunta con servizio automobilistico alla stazione ferroviaria di Atri-Mutignano (linea Ancona-Foggia). Storia. - Città preromana nel Picenum, Hatria (poi Hadria) dopo la conquista fu prescelta da Roma fra il 290 e il 286 a. C. a centro principale del territorio occupato di là dall'Appennino. Fu colonia di diritto latino, ebbe propria monetazione e si segnalò nell'arte fittile.

Le due vie, la Cecilia, ramo della Salaria, e la Valeria, che vi mettevano capo, ne fecero un emporio commerciale in attiva e diretta comunicazione con l'Urbe. È discussa la questione se, nei primi secoli del cristianesimo, Atri sia stata a capo di una propria diocesi; per tempi più vicini si sa che fino al 1252 fu retta dal vescovo di Penne e che in quell'anno il papa Innocenzo IV elevò Atri alla dignità di città vescovile, in modo che il vescovo fosse comune alle due città di Penne e di Atri.

Sotto il dominio longobardo e franco fece parte del ducato di Spoleto; fu poi implicata, nella seconda metà del sec. XII, nelle lotte fra Federico I Barbarossa e i re Normanni, subendo la signoria di Roberto conte di Loritello. Passò successivamente sotto i papi, gli Svevi, gli Angioini, sviluppando, dalla seconda metà del secolo XIII alla prima del XIV, un suo ordinamento comunale sotto un'oligarchia nobiliare. Infine divenne feudo della famiglia Acquaviva, quando nel 1393 Antonio Acquaviva la comprò, con Teramo, da Ladislao re di Napoli per il prezzo di 35.000 fiorini.

Da allora in poi gli Acquaviva (v.) portarono il titolo di duchi di Atri, e la storia della città è strettamente connessa con quella dei duchi, con quella di Teramo e con quella generale del regno di Napoli. Atri rimase sotto il dominio degli Acquaviva fino al 1760, anno in cui morì Isabella Strozzi, l'ultima che ebbe titolo e potestà di duchessa. Si contano diciannove duchi degli Acquaviva, di cui resta ancora il palazzo dalla sobria ed austera architettura cinquecentesca.

Dal 1790 il titolo di duchi di Atri, senza potestà feudale, sopravvive negli Acquaviva del ramo dei conti di Conversano. Bibl.: Per l'età antica: Pauly-Wissowa, Real-Encycl., d. class. Altertumswiss., VII, col. 2164. Per la storia ecclesiastica: P. F. Kehr, Italia Pontificia, IV, Berlino 1909, pp. 307-08; N. Sorricchio, Annali ecclesiastici di Atri fino al 1485 e Supplemento agli annali eccles., mss. sec. XVIII nella biblioteca di Atri. Inoltre: L. A. Antinori, Memorie storiche abruzzesi, voll. 4, Napoli 1781-83; P. Palma, Compendio della storia civile del Pretuzio, Teramo 1841; A. Casella, Atri, Pesaro 1884; L. Sorricchio, L'organismo interno di un comune abruzzese nel 1300, Aquila 1897; id., Hatria Atri, Roma 1911.

Arte - La graziosa cittadina in bellissima posizione dominante la vista del mare da una parte e quella del Gran Sasso dall'altra, conserva alcuni monumenti importanti. La cattedrale, una delle più imponenti costruzioni dell'Abruzzo, fu costruita alla fine del sec. XIII sul posto di una chiesa anteriore (due iscrizioni sul fianco destro ricordano gli artefici Raimondo di Poggio e Rainaldo di Atri, della fine del sec. XIII e del principio del seguente).

La facciata rettangolare, semplice e severa, è un esempio caratteristico dello stile romanico proprio dell'Abruzzo, magnificato poi nella chiesa di Collemaggio ad Aquila, con la cornice terminale ad archetti trilobati, già gotica, la rosa centrale inscritta in una nicchia e il portale riccamente scolpito. Nel fianco destro sono pure tre portali romanici eleganti e ricchi di sculture.

La bella costruzione è dominata dall'alto e maestoso campanile romanico che mostra qualche forma gotica in alcuni particolari, quadrato fino alla cella campanaria al disopra della quale diventa ottagonale e termina poi a piramide, secondo il tipo diffuso in tutta la costa adriatica. L'interno, a tre navate divise da quattordici pilastri collegati da alti archi acuti, conserva una ricca e preziosa serie di affreschi della seconda metà del Quattrocento, di Andrea Delitio (v.): nella vòlta gli Evangelisti, i Dottori della Chiesa e le Virtù teologali e cardinali, nelle pareti fatti della vita di Gesù e della Madonna.

Numerose opere d'arte arricchiscono la chiesa, tra le quali è al secondo altare a destra una bella ancona in legno, forse veneziana, con le statue della Madonna col Bambino, di S. Giovanni Battista e di un santo vescovo. Nella sacrestia è custodito un grande polittico in legno rappresentante S. Giacomo e 18 scene della sua vita in bassorilievo. L'archivio conserva alcuni codici miniati e tre incunabuli stampati a Magonza nel 1465 e nel 1470. Degni di menzione sono anche il bel chiostro romanico e l'interessante cripta a cinque navate, in cui sono avanzi di affreschi rappresentanti figure di santi. A poca distanza dal duomo sono la chiesa di S. Andrea e la chiesa di S. Domenico, entrambe con un bel portale, e la chiesa di S. Agostino con un interessante portale di forme di transizione fra il Gotico e il Rinascimento.

Bibl.: E. Bertaux, L'autore degli affreschi del duomo d'Atri, in Rass. Abruzzese, 1898, pp. 200-207; P. Piccirilli, L'autore degli affreschi, ecc., in Abruzzo letterario, I; L. Cavenaghi, Antichi affreschi nel duomo di Atri, in Boll. d'Arte, 1907, fasc. 3°, pp. 14-18; G. Iezzi, Ricordo del pittore Andrea Delitio di Guardiagrele, in Boll. della Società di Storia patria abruzzese, XVII (1905), fasc. di dicembre; I. G. Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, Milano 1928, I e II, passim.